A proposito della Festa dell’Unità di Roma
Noto che, come ogni anno, sono già ripartite le polemiche sul nome (ancora non è arrivato il comunicato di D’Ubaldo, ma può tranquillamente usare quello dell’anno scorso). Si attendono quelle sul manifesto, incrociamo le dita, a me sta storia del concorso di idee mica mi convince tanto. Io sono per linea Andrea Santoro è un ottimo grafico, lasciamolo lavorare.
Comunque sia, non si parla, come al solito, del contenuto della festa. Salvo poi lamentarci, più o meno tutti, del fatto che “la festa di Caracalla da anni è solo un mercato”, “i dibattiti sono lottizzati più dei Cda” ecc ecc.
Io sono convinto che, questo del contenuto da dare alla festa, sia un tema fondamentale per due semplici ordini di ragioni: il primo è che fra un anno si vota e sarebbe il caso di pensare a vincerle le elezioni invece che parlare solo di candidature; il secondo è che la festa è il principale momento di confronto che il nostro partito ha con la città. Farne per l’ennesima volta un mercatino (sia in senso commerciale che politico) sarebbe un danno notevole.
Per una volta dunque proviamo a non subappaltare i palchi ai dirigenti locali e nazionali, ma a “dare un senso a questa festa”.
Alcune proposte su questo argomento:
1) Diamo un tema alla festa. Per quanto propongo da tempi ormai lontani, io credo che il titolo dovrebbe essere “Roma, bene comune”. Non tanto per scimmiottare i movimenti che ci hanno dato la sveglia con i referendum di un anno fa, ma perché credo che questo sia uno dei danni più gravi prodotti dalla giunta Alemanno in questi anni: aver considerato Roma, il Campidoglio, una cosa di pochi ha prodotto una frattura profonda fra l’amministrazione e la città. E credo anche che invertire la rotta sia il compito principale che si troverà davanti la nuova amministrazione. Bene Comune significa costruire una capitale “amica” dei cittadini, non che il Comune debba gestire direttamente tutti i servizi. Ma significa, è bene dirlo con forza, che il controllo sui servizi e sulla qualità deve essere saldamente in mano pubblica. Poi si deciderà caso per caso quali siano i settori in cui il Capidoglio debba intervenire in prima persona (l’acqua, ça va sans dire) e quali invece possano essere messi a gara, in maniera da sfoltire una macchina comunale troppo grande, lenta e onerosa per i cittadini.
2) Scelto il tema generale, io credo che si potrebbe utilizzare il mese e più della festa per approfondire e scandagliare tutti gli argomenti relativi. Ogni giorno un tema diverso, affrontato nei suoi vari aspetti, declinandolo secondo il titolo della festa stessa. E così avremo la giornata dell’acqua, la giornata della mobilità, la giornata della scuola e via dicendo. Ai temi più importanti si può dedicare più di una giornata. In questa maniera si darebbe il senso di un percorso logico attraverso le questioni aperte a Roma e si aprirebbe un canale continuo di comunicazione con la città.
3) No alle interviste. Ci siamo abituati, negli ultimi anni, ad avere a Roma tutti i big, ma a tenerli ben lontani dal nostro popolo. Spesso anche i palchi dove si svolgono gli interventi sono “fisicamente” distanti e separati dal pubblico. Io credo che si debbano pensare degli spazi che invece facilitino l’incontro tra dirigente e pubblico. E credo che dovremmo tornare a una modalità più vicina al dibattito che all’intervista troppo spesso addomesticata. Si potrebbe pensare a dirette web degli eventi maggiori. Twitter e Facebook ci danno anche le possibilità di interagire fra il pubblico e con il dirigente in maniera rapida. Perché non usare gli strumenti della comunicazione anche alla festa?
4) Più spazi nella festa per le esperienze associative. Capisco le motivazioni economiche, ma non credo che le esperienze associative possano essere usate semplicemente per riempire gli stand lasciati vuoti, confinate negli spazi meno commerciali. Io credo che si possa, al contrario, pensare a una sorta di “villaggio della città”, uno spazio dove concentrare le attività non commerciali, in posizione visibile. Il legame con le reti dei cittadini è essenziale per governare Roma, dobbiamo rafforzarlo.
5) Riempiamo di politica anche il viale principale. La cosa più semplice da fare è esporre lungo il viale della festa tutti i manifesti realizzati dal gruppo capitolino e dal partito sulla giunta Alemanno. E’ il minimo che possiamo fare. I visitatori devono avere subito un impatto “politico” e non solo commerciale con la festa. Si potrebbero anche pensare a lavori interattivi con video e tabelloni su Roma, una versione 2.0 delle vecchie “mostre”. Se ne possono fare almeno due, senza troppi problemi. Sarebbe anche carino, dal punto di vista comunicativo, metterli insieme: “La Roma di Alemanno” e “La nostra Roma”, ovvero come ha governato la destra e come governeremo noi. Uno spazio a parte, secondo me, dovrebbe avere il fotoracconto che Salvatore Contino fa ogni anno.
Io non credo siano cose fantascientifiche da realizzare, sono idee magari banali, semplici, per dare un senso a questa festa. Se ne possono fare ovviamente altre mille, basta convincersi del fatto che fare una grande festa non vuol dire soltanto aumentare i litri di birra venduti.
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