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Con Bersani e Zingaretti.
E con Flavia alla Regione

Feb 22, 2013 by     No Comments    Posted under: in primo piano

Brutta o bella che sia stata, ormai la campagna elettorale è agli sgoccioli. Due sole notazioni su questo. A Roma è stata l’ennesima campagna elettorale dove il partito è stato quasi del tutto assente. La campagna elettorale è stata come di consueto subappaltata ai candidati alla Regione. Come si sono comportati? Un po’ meglio rispetto al solito. Ma neanche tanto. Invasioni di manifesti, mega cene. Il tutto in calo rispetto al passato, ma c’è stato. Andava eliminato alla radice, secondo me, perché quando si spendono centinaia di migliaia di euro per essere eletti alla Regione, oltre ad essere fuorilegge, si dovrà anche rispondere ai finanziatori.  E quindi, almeno questa volta, si potevano evitare le cene da duemila persone, le centinaia di migliaia di manifesti affissi in tutta Roma e Provincia, le pubblicità ossessive sulle fiancate degli autobus. Si poteva e si doveva evitare perché se magari porterà qualche preferenza in più all’aspirante consigliere, al tempo stesso ce ne fa perdere fra le tante persone che sono stanche di una politica dai costi milionari. Qualche commissione di garanzia prima o poi dovrà capire quanto si spende in una campagna per le regionali. Magari prima che lo faccia qualche procura.
Serviva il partito, serviva una regia romana e regionale che, come avviene ormai da anni, è mancata.
I dirigenti si sono limitati a partecipare alle iniziative dei candidati. Non può bastare. Soprattutto con lo sguardo rivolto agli appuntamenti che ci aspettano nei prossimi mesi. Riuscirà il Pd di Roma a mettere in piedi un ragionamento collettivo, una campagna di comunicazione comune, oppure si limiterà a tirare la volata a qualcuno? Riuscirà a porsi alla testa di un movimento di popolo per liberare la città da questo sindaco deprimente?
Detto questo, ci siamo. Fra poche ore si vota. E, con tutte le nostre pecche abbiamo la concreta possibilità di cambiare, sia in regione che a livello nazionale. Da ragazzino mi emozionavo quando Pajetta finiva i comizi del venerdì dicendo: Ricontattate gli incerti, telefonate a tutti i vostri amici e parenti. Ricordate che bisogna continuare a lavorare fino alla fine, perché anche un voto può essere decisivo.

Nessun messaggio può essere più efficace in queste ore.
Cosa votare e come votare: Senato e Camera solo una croce sul simbolo del Pd. Alla Regione una croce sul simbolo vale anche come voto a Nicola Zingaretti. E poi si può esprimere una preferenza, badate una sola, altrimenti si rischi di annullare la scheda.
A chi dare questa benedetta preferenza?
Francamente non mi permetto di dirvi chi votare, chi sarebbero i presunti migliori. Ognuno di noi ha la testa per scegliere. Vorrei, più umilmente, dire chi ho scelto e perché.
Fin dall’inizio di questa avventura ho lavorato e sostenuto Flavia Leuci. Per tre ragioni.
La prima è che di Flavia mi fido. La conosco da anni, siamo stati spesso dalla stessa parte della barricata, ma anche quando non siamo stati d’accordo è sempre stata leale e trasparente. E in Regione di lealtà e trasparenza ne abbiamo davvero bisogno.
La seconda è che la l’esperienza necessaria per poterci rappresentare in Regione. E quando dico rappresentare intendo un rapporto continuo con militanti e cittadini che riporti questo ente così distante a una dimensione umana. Dico l’esperienza perché chi vi propone il rinnovamento e basta in un ente complesso come questo vi racconta una emerita baggianata. Il rinnovamento si fa nei municipi, nei comuni. Lì ci si deve fare le ossa, lì va selezionata la classe dirigente che poi verrà candidata a livelli più alti. Arrivare in Regione senza aver fatto “la gavetta” significa fallire il proprio compito, quello principale di un partito: mettere i migliori candidati possibili a ogni livello. Flavia ha fatto la consigliera in circoscrizione, poi è stata dieci anni in Provincia. E’ una che conosce, approfondisce i problemi e quando non capisce chiede consiglio. Ha l’esperienza e l’umiltà necessaria per essere una buona consigliera.
La terza è che è una donna. Ora, come è noto io sono un maschilista doc, del resto diffidate dai maschi che vi dicono di avere la cultura delle donne. Vi stanno per fregare. Ma anche da maschilista mi rendo conto che in una società in cui le donne sono più del 50 per cento è ridicolo pensare con nel gruppo del Pd non ci sia neanche una donna. E guardate che il rischio c’è tutto. Basta leggere la liste provinciali per capire come siano state costruite così, per avere tutti uomini. Io credo che Flavia sia l’unica donna che ha la concreta possibilità di essere eletta.

Le altre candidate saranno anche rispettabili e brave ma non ce n’è una che abbia la militanza e le capacità di Flavia Leuci. Anche la storia di partito. E io che sono vecchio voglio una consigliera che risponda al suo partito e ai suoi elettori, non che vada a fare la battitrice libera.

Ce la possiamo fare, dicevo. Sarebbe una vergogna, dopo il successo delle donne nelle primarie un gruppo Pd fatto di soli maschi. Ce la possiamo fare, basta ricordarselo domenica e lunedì. E ricordarlo a tutti i nostri contatti. Prendere le agendine, le rubriche sul palmare, sull’ipod, sull’ipad, su quello che vi pare, ma attaccatevi al telefono. C’è tempo fino a lunedì. Per far vincere Bersani e Zingaretti. E anche, se vi avanza tempo, per far eleggere una donna, una compagna vera, nel consiglio regionale del Lazio.

Buone elezioni a tutti.

Questo è il tempo per costruire

Dic 3, 2012 by     2 Comments    Posted under: appunti per il futuro, dituttounpo', il pd, il x municipio

Le primarie nazionali ci dicono cose importanti. La prima, non mi stancherò di ripeterlo, è che c’è un popolo che guarda a noi come l’unica speranza di cambiamento per questo Paese. In un periodo di disgusto verso la politica, vedere migliaia di persone, milioni, che si registrano, si mettono in fila e pagano addirittura per poter esprimere il loro contributo dà un’iniezione di adrenalina fortissima. Che ti permette di superare la stanchezza delle settimane passate al circolo, delle alzatacce, delle polemiche inutili e faziose.
A questo popolo, vero, non teleguidato, non comandato dagli “apparati” come hanno provato a far credere, noi dobbiamo sincerità e concretezza: ci hanno dato fiducia e ci hanno rimesso al centro della scena politica. E’ chiaro a tutti che senza la coalizione di centro sinistra, questa volta, non sarà possibile nessun governo. Il popolo delle primarie ci ha dato questa forza. Un patrimonio immenso. Non disperdiamolo, facciamo vedere loro che la fiducia è ben riposta.
La seconda è che le campagne fatte tutte “contro”, tutta polemica e poco sostanza, alla lunga non pagano. A me lo hanno insegnato da piccolo. Mi dicevano i “vecchi”: anche quando fai un volantino ci devi mettere i no ma anche i per. Altrimenti non va bene, siamo all’opposizione ma vogliamo costruire non distruggere. Ecco penso che Renzi abbia sbagliato questo. Ha cercato di fare la parte di quello che mandava tutti a casa, di quello giovane e brillante, una sorta di Obama bianco, che avrebbe rimesso l’Italia a posto in quattro e quattr’otto. “Io ho contro l’apparato, ma ho il consenso dei cittadini”. In realtà del mago Zurlì non ne abbiamo bisogno, le sue ricette sono vecchie, affondano le radici in un neoliberismo bocciato dalla storia. E il popolo del centro sinistra, che condivide sicuramente una parte del suo messaggio, ha dimostrato di aver capito che si serve una persona seria, un lavoratore come Bersani, un centromediano alla Oriali, per rimettere insieme i cocci e ripartire. Per cui alla fine Renzi è stato bocciato proprio da quel voto di opinione su cui aveva puntato la sua campagna elettorale tutta fuochi d’artificio e lustrini televisivi. Verrebbe da dire che non è più tempo di format ma di concretezza. E la concretezza emiliana di Bersani, che magari non avrà un grande carisma, ha avuto la meglio. Come fu per Prodi contro Berlusconi.

Eppure di Renzi dobbiamo tener conto. Dobbiamo tener conto della voglia di rinnovamento che c’è nella gran parte di quel voto. Dei tanti che l’hanno scelto, magari non conoscendo nulla delle sue proposte, ma che esprimono un’ansia e una preoccupazione vera. Ci dicono chiaramente che non si può continuare sulla strada degli anni passati. Ci dicono che anche noi, anche il centrosinistra deve andare oltre i suoi vecchi schemi di pensiero e proporre persone diverse. C’è un tempo per tutti. E questo non è più il tempo delle vecchie facce. Qualcuno l’ha capito e si è messo a disposizione. Altri sgomitano per restare in pista. Bersani adesso ha la forza, la legittimazione necessaria, per promuovere una classe dirigente nuova e preparata. Non serve la rottamazione, non serve la delegittimazione di un partito che, nelle sue mille e mille contraddizioni, ha dimostrato ancora una volta tutta la sua forza.
Serve un lavoro di promozione di quei dirigenti, giovani e non, che in questi anno sono cresciuti, nell’amministrazione, nel partito. Sono tanti, questo è il loro tempo.

E questo va fatto, non solo in Parlamento. Va fatto nelle Regioni che vanno al voto, a partire dal Lazio, va fatto nella scelta dei candidati a tutti i livelli.

Il caso Roma

Entro più nello specifico del caso Roma. Emigrato Zingaretti verso la conquista della Regione si è aperta una voragine. E’ mancato un lavoro di sintesi da parte del gruppo dirigente che si è fidato troppo delle primarie prossime venture. Ai cittadini dobbiamo presentare una sintesi, candidati in grado di governare una città umiliata dagli anni di Alemanno. Non dobbiamo presentare un campionario delle nostre debolezze, ma delle nostre energie migliori. Deve essere una sfida in positivo per far tornare a correre la Capitale. Ecco che allora i vari Sassoli, Gentiloni, Prestipino, Marroni, non sono sufficienti. Serve un sindaco, non un ex giornalista emigrato a Bruxelles o un ex assessore della giunta Rutelli. Neanche la candidatura del capogruppo in consiglio comunale, che in questo quadro è sicuramente la più legittima, quella che segue un percorso logico, secondo me è sufficiente a rappresentare una svolta per Roma. Nomi non ne faccio, perché questo corsa che si scatena ogni volta ci fa soltanto male. Segnalo però un’esigenza, un’urgenza: che il gruppo dirigenti largo del Pd romano si faccia carico di trovare questa sintesi: non lasciamola ad altri, perché quando Roma ha rinunciato alla sua autonomia si sono prodotti disastri.

Il X Municipio e mezzo

Chiudo queste brevi considerazioni sulla situazione del territorio dove faccio politica tutti i giorni o quasi. Con l’accorpamento annunciato fra X Municipio e una parte del IX, questa diventa una città da oltre 200mila abitanti. Ci sono capoluoghi di Regione più piccoli in Italia. Una grande città che continua a crescere e ha problemi diversi dal suo “centro” alla sua periferia. Per quanto riguarda il X io ribadisco che la sinistra, il PD in primo luogo, ha la necessità di chiudere la negativa esperienza dell’ultima consiliatura di Medici e di guardare oltre. Ho in passato ampiamente spiegato perché ritengo sia un’esperienza da chiudere al più presto.
Le candidature presentate al momento non sono sufficienti. Su un versante abbiamo  una continuità preoccupante con il malgoverno di questi anni, dall’altro manca la “brillantezza” che serve per fare una battaglia vera, non di testimonianza. Se non altro almeno da questa parte c’è la consapevolezza della necessità di ampliare il quadro e di non presentare una candidatura slegata da un percorso condiviso.
Da luglio in poi non ho sostanzialmente più parlato del X Municipio, rispondendo con i fatti alla richiesta che il gruppo con cui ho lavorato in questi mesi mi ha fatto. Non ho portato avanti quel programma di rottura radicale che avevo abbozzato, con la proposta di una mia candidatura. Eppure sono ancora molti – e non solo nel partito – che mi chiedono di mettermi in gioco in prima persona. Da quelli che non considerano il PD locale e il suo attuale gruppo dirigente un interlocutore credibile, a quelli che avvertono, come me,  il bisogno di una rottura non solo generazionale, ma di contenuti. Di una cesura netta. Che vogliono parlare di qualità della vita e non di nuove costruzioni. Di smart city, di raccolta differenziata, di zone pedonali e non di nuove inutili strade.
Non nascondo che l’avventura non mi dispiacerebbe affatto. Del resto bastano 750 firme fra i cittadini per candidarsi alle primarie del centro sinistra. Come dire: una mezza giornata con tre banchetti nelle zone di maggior aggregazione.
E questo, lo ripeto, è il nostro tempo. Non è il tempo delle candidature “conservative”. E’ il tempo di osare, di provare sul campo una nuova classe dirigente.
Eppure sento che una mia candidatura sarebbe insufficiente. Sento che non è il momento delle avventure, degli uomini soli al comando. E’ il tempo, anche nel X Municipio e mezzo, di fare squadra. Di proporre agli elettori, un candidato presidente, ma soprattutto una squadra unita, al di là e oltre le correnti, per fare una rivoluzione democratica anche in quella città che si distende fra Ponte Lungo e Vermicino. A questo lavorerò nelle prossime settimane: alla costruzione di un percorso condiviso, che porti non solo e non tanto a un candidato in netta discontinuità con il passato, ma alla costruzione di una nostra squadra che rappresenti a pieno il percorso fatto in questi anni e che dica chiaramente queste sono le nostre idee per fare del X Municipio e mezzo la casa della trasparenza e della partecipazione.
Perché questo viaggio va fatto assieme.  Non c’è un uomo solo al comando.

Via Matturro dalla presidenza dell’urbanistica

Lug 26, 2012 by     1 Comment     Posted under: il x municipio

“Anche oggi il consigliere Fabrizio Matturro (Udc), presidente della commissione Urbanistica del X Municipio, non fa mancare il suo apporto al partito del cemento. Read more »

Dal piano casa al piano chiese

Lug 25, 2012 by     3 Comments    Posted under: dituttounpo', il x municipio, roma

In consiglio regionale arriva, in una tiepida giornata di fine luglio, la legge di correzione al cosiddetto piano casa. Spiega l’assessessore all’Urbanistica della giunta regionale, Luciano Ciocchetti: si tratta di un articolo unico nel quale, d’accordo con il governo, correggiamo alcune norme per evitare il giudizio della Corte Costituzionale. E fin qui, tutto bene. Nel senso che le opposizione, nel corso del dibattito che si è svolto un anno fa, anche in questo caso – solo una coincidenza? – in una settimana prevacanziera, avevano già sollevato obiezioni rispetto alla costituzionalità di alcune norme. Poi, su questo articoloo unico, piombano nove emendamenti. Tutti a firma Ciocchetti. Qualche aggiustamento, ma il primo fa saltare sulla sedia. Per finanziare la realizzazione e l’ampliamento di edifici di culto, gli enti religiosi potranno realizzare, su terreni di loro proprietà, case, uffici, strutture di ricezione turistica e servizi, per una volumetria non superiore a quella delle opere religiose. Case, insomma. Quartieri nuovi intorno a chiese nuove. Si torna all’antico quando il marchese Gerini proprietario di migliaia di ettari di terreni agricoli li regalò alla chiesa e questa ottenne prima di costruire chiese, poi, tutto attorno, sterminati quartieri. Ne sappiamo qualcosa in X Municipio. Del resto si è mai vista una chiesa senza fedeli. Ci sono altre piccole furbate in quel pacchetto di emendamenti, ma questo (QUI TROVATE IL TESTO PRESENTATO) è un vero e proprio scandalo. Altro che piano casa, siamo al piano chiese. Altro che aiuto alle famiglie che hanno bisogno di una stanza in più, qua siamo all’aiuto al sagrestano. E’ fine luglio, ma io credo serva una mobilitazione immediata. Di partiti, associazioni e cittadini. Per dire no all’ennesima manovra speculativa fatta sulla pelle dei cittadini del Lazio.

Violenza in centro, Leuci:
Roma città pericolosa

Lug 11, 2012 by     No Comments    Posted under: dituttounpo', roma

“Ancora un episodio di violenza in una Capitale sempre piu’ insicura per le donne, anche in pieno centro citta’ e nei luoghi che dovrebbero essere tra i piu’ controllati. La solidarieta’ va alla giovane ragazza australiana. Non serve ricostruire le esatte  Read more »

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