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Quanto è triste il lavoro nel tempo di “Frank”.
Il #pippone del venerdì/124

Dic 20, 2019 by     No Comments    Posted under: Il pippone del venerdì

La notizia non è di quelle che finiscono in prima pagina, si mette al massimo all’interno,  più che altro per il nome dell’azienda, Deliveroo, ben nota alle cronache sindacali. In sostanza è una multinazionale leader in Europa per le consegne in bici e in moto, fatte attraverso lavoratori cosiddetti autonomi, i “rider”. Che siano sostanzialmente i moderni schiavi è cosa nota.

E’ il nostro tempo, si dirà, in cui la velocità nella consegna di un ordine è essenziale per battere la concorrenza. E fin qui tutto vero. Si potrebbe facilmente obiettare che viste le esigenze di rapidità i lavoratori dovrebbero essere semmai più tutelati, quanto meno avere diritto alla malattia e alle ferie ed essere ben pagati. Magari gli potrebbero anche dare una palestra per allenarsi a pedalare. E del resto l’utente finale la rapidità della consegna la paga eccome. A volte esplicitamente, altre con l’aumento del prezzo del bene acquistato. Funziona così, basta usare un sito per la comparazione dei prezzi per rendersi conto che la dicitura “consegna gratuita” è una balla.

Ma quello che ha catturato in particolare la mia attenzione è “Frank”, ovvero l’algoritmo su cui si basa il sistema di assegnazione delle consegne. Per i non matematici: un algoritmo altro non è che un procedimento di calcolo che, attraverso una serie di passaggi, risolve un determinato problema. In pratica hai delle variabili che, a seconda di come le imposti, danno risultati diversi.

Frank è l’algoritmo, ovvero il sistema matematico, che Deliveroo usa per assegnare le consegne ai rider. Il nome deriva da uno dei protagonisti di una nota serie televisiva It’s Always Sunny in Philadelphia, interpretato da un colossale Danny De Vito: di “professione” fa il manipolatore. Già il nome è tutto un programma, insomma. Se Frank manipoli davvero la vita dei rider lo stabilirà presto il giudice del lavoro di Bologna, investito del problema da un ricorso della Cgil.

La questione è complicata. Perché non si tratta di un semplice programma informatico che accoppia i nomi alle consegne da fare, tutt’altro. Non è un innocente foglio di calcolo. Valuta, secondo il ricorso del sindacato, la “reputazione del rider”, calcolando le sue prestazioni nelle due settimane precedenti. Se hai una buona reputazione ti vengono assegnate le consegne migliori in una fascia più comoda. Se sei stato un cattivo rider ti tocca aspettare in fila.

Già detta così, in un lavoro dove sostanzialmente vieni pagato a cottimo, suona un po’ strano. Ma sono i parametri adottati per valutare la reputazione che ti fanno saltare sulla sedia. Frank, infatti, è stato programmato per penalizzare “tutte le forme lecite di astensione dal lavoro”, si legge nel ricorso. In pratica: scioperi, sei malato, devi assistere la mamma inferma? E io non ti faccio lavorare.

Ora, che un’azienda, soprattutto quando si tratta di una grande multizonale, si doti di strumenti informatici per gestire i suoi dipendenti è del tutto lecito. Che si penalizzi chi fa valere i propri diritti, un po’ meno. Niente di nuovo sotto il sole verrebbe da dire, da sempre il padrone vuole accanto a sé gente fedele. Perché l’operaio non deve pensare, non deve ammalarsi, non deve avere una famiglia. Quella che colpisce è la sfacciataggine dell’azienda, che, secondo la Cgil, arriva a codificare la discriminazione. La difesa di Deliveroo appare deboluccia: i rider sono liberi di accettare o meno una consegna, non sono lavoratori dipendenti. In realtà, a leggere le carte portate in tribunale, sono lavoratori dipendenti, ma dipendono da Frank.

A chi ironizza sulla sconfitta di Corbyn e già pensa a un ripiegamento della sinistra in versione Blair bisognerebbe far leggere questi atti depositati in tribunale. E’ colpa del ripiegamento della sinistra negli anni ’90 del secolo scorso, è colpa nostra che non abbiamo capito un tubo della globalizzazione, se oggi siamo ridotti così.

Da parte mia resto convinto del fatto che di fronte a un capitale sempre più tracotante serve un nuovo socialismo che rimetta al centro l’individuo e la lotta per i diritti sociali. Al capitale sempre più globale e senza confini serve una risposta politica che, a sua volta, abbia la forza di andare oltre i confini del novecento.

Siccome è Natale,siamo tutti più buoni e siamo anche incasinati il pippone di oggi finisce qui, breve e conciso. Tanti auguri a tutti meno che a Frank, ci rivediamo dopo la befana.

E’ ora di premere sull’acceleratore.
Il pippone del venerdì/83

Gen 11, 2019 by     No Comments    Posted under: Il pippone del venerdì

Passate le feste, oltre che con qualche chilo in più, ci ritroviamo tutti con parecchie certezze in meno. Quello che sembrava un asse di ferro fra Salvini e Di Maio, di giorno in giorno, si mostra in tutta la sua fragilità. E’ un po’ la storia della coperta troppo corta: ognuno cerca di tirarla dalla sua parte e i sondaggi ondeggiano a seconda del tema della settimana. La Lega scende? Salvini alza la voce sui migranti. E anche la “sconfitta” subita nei giorni scorsi, quando alla fine ha dovuto ingoiare un accordo sulla vicenda dei 49 disperati rimasti in mare per settimane, in realtà conferma il suo profilo dell’uomo inflessibile. Che siano gli altri che scendono a compromessi, lui dice sempre no. E sono sicuro che i prossimi sondaggi registreranno il favore di un numero crescente di cittadini. Il tema immigrazione, anzi più che il tema la percezione che ne abbiamo, continua a essere terreno fertile per Salvini e soci. Siamo razzisti? Non so, di sicuro temiamo le differenze, un bel paradosso se ci pensate bene: l’Italia nasce come paese meticcio per eccellenza, fin dai tempi dell’impero romano. E non potrebbe essere differentemente vista la nostra posizione centrale nel mediterraneo. Dire “chiudiamo i porti” in un paese accerchiato dal mare è evidentemente una bestialità, ma ci vorrà tempo per capirlo.

Detto questo, comunque, malgrado alzino polveroni per coprire la realtà, presto toccherà fare i conti con l’economia che non tira, una nuova recessione alle porte, i provvedimenti promessi che non arrivano. Il bluff di quota cento e del reddito di cittadinanza sarà evidente. Per non parlare dell’opportunismo dei 5 Stelle. Di Maio sta facendo da uomo di governo l’esatto contrario di quello che predicava dall’opposizione. Salva le banche, fa gasdotti, dà il via libera alle trivellazioni nello Jonio. Solo per citare i titoli dell’ultima settimana.

Non credo che le contraddizioni porteranno all’esplosione di una crisi di governo in tempi brevi, troppo alta la posta in gioco per entrambi gli attori principali della commedia. Più probabile che si attendano le elezioni europee, che saranno una sorta di grande sondaggio sul campo. Se i risultati faranno emergere la possibilità di una maggioranza alternativa, in particolare un classico centro destra, Salvini non ci penserà due volte e scaricherà gli ingombranti alleati, pronto a diventare il protagonista assoluto di un governo con gli alleati di sempre.

In tutto questo non possiamo stare a guardare. Secondo me ci sono due eventi da seguire con grande attenzione. Il primo è il congresso della Cgil, dal 22 al 25 gennaio ci sarà l’assise nazionale che concluderà questo lungo percorso del più grande sindacato italiano. Ora, non ci sarà mai – malgrado secondo me resti la strada maestra per ricostruire una forte rappresentanza della sinistra – un impegno diretto della Cgil in politica. La tradizionale separazione e autonomia del sindacato rispetto ai partiti ha retto in stagioni in cui era molto più difficile, figuriamoci se verrà meno adesso. Ma un sindacato rinnovato e attento a quello che succede nella sinistra serve ai lavoratori, aiuta a costruire un’opposizione più forte e a lavorare per la costruzione di uno schieramento realmente alternativo. La presenza di forti corpi intermedi è la vera cura contro il razzismo e i populismi vari.

Ovviamente in questo senso non si può che auspicare un accordo che porti a una segreteria unitaria guidata da Landini. Una vittoria di Colla, sostenuto sostanzialmente dai pensionati, potrebbe perfino avviare un processo di disgregazione della Cgil, sicuramente non sarebbe accettata dalla grande maggioranza degli iscritti. Intanto per il modo in cui è stata proposta la sua candidatura: non con un documento alternativo, ma, nella sostanza, approfittando di un sistema congressuale che si basa su complicati equilibri fra i delegati. E poi perché, magari a torto, Colla viene rappresentato come la lunga manus del renzismo che cerca di prendere il controllo del sindacato dopo aver lavorato per anni per rendere marginale il suo ruolo, quello della Cgil in particolare. Se ne parla ancora troppo poco di questo congresso, un grande processo democratico che nei mesi scorsi ha coinvolto milioni di lavoratori e pensionati. La passione italica per la notizia secca non aiuta a seguire i percorsi lunghi e complicati. Dovremmo provare ad accendere più di un riflettore sulle scelte che saranno compiute nei prossimi giorni.

L’altro fronte da seguire è il processo di costruzione di una forza di natura socialista nella sinistra italiana. Fronte essenziale se è vero che una parte dell’elettorato grillino manifesta un disagio crescente verso gli atti di questo governo. Diventa ancora più urgente. Il “mi sa che ho fatto una cazzata” degli elettori di sinistra che hanno scelto i 5 stelle non si trasforma automaticamente in un ritorno a casa. Soprattutto se una casa non esiste. Il Pd, ancora dominato nei fatti da Renzi, di sicuro non sarà un porto attrattivo per questi migranti della politica. E neanche una vittoria di Zingaretti alle prossime primarie, secondo me, rappresenterebbe automaticamente un vestito nuovo e convincente per un marchio consumato dalle politiche degli anni scorsi. Del resto il presidente del Lazio, che adesso invoca discontinuità rispetto al passato, non è che sia proprio stato un oppositore di Renzi. Anzi, ne ha sposato tutte le scelte principali, speso con il silenzio, altre volte con un esplicito consenso.

La crisi di consenso di Di Maio  e soci, insomma, ci pone l’urgenza di accelerare. Tanto più se, come pare di capire, il ritorno in campo di Di Battista cercherà di creare una sorta di “partito di lotta e di governo”, in cui si proverà a far ingoiare  grossi rospi all’elettorato grillino tradizionale puntando sull’appeal movimentista del figliol prodigo appena tornato dal suo viaggio in Sudamerica.

Accelerare per fare cosa? Fallito il progetto di Liberi e Uguali, abbiamo il dovere di costruire una forza politica, di natura socialista, che superi le difficoltà del momento e ci faccia stare in campo. E’ necessaria intanto per dare una alternativa ai delusi, ma anche per pensare, dopo le europee alla ricostruzione di un campo ampio che metta insieme i progressisti e venga percepito come alternativa credibile alla destra. La dico chiaramente: anche con il Pd derenzizzato che tutti ci auguriamo di trovare dopo le elezioni, non cesserà la necessità di dare rappresentanza politica alla sinistra italiana. Perchè il Pd resterà quello di Franceschini e Gentiloni.

E allora dobbiamo fare in fretta. Il documento lanciato da Mdp con l’assemblea di metà dicembra rappresenta una buona base di discussione. Si avvii, finalmente, la costruzione di un partito, con iscritti, sedi fisiche, reti di comunicazione classiche e virtuali. Proviamo a sperimentare forme nuove di partecipazione diretta, di organizzazione orizzontale e non tradizionale. Cerchiamo di recuperare l’impegno dei tanti compagni che avevano visto in Liberi e Uguali una speranza e che adesso sono tornati a chiudersi nel pessimismo (con molte ragioni). L’entusiasmo non c’è, non nascondiamolo. Troppo tempo è trascorso a inseguire i tentennamenti di leader senza popolo.

E’ tempo di ripartire dai fondamentali. Una forza socialista. Sarebbe di sicuro un buon inizio.

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