Appunti per il futuro:
riqualificare e ridurre
Dopo aver parlato di casa e della bufala dell’housing sociale proviamo a fare qualche riflessione sui temi più propriamente urbanistici in senso stretto Per quanto riguarda il piano regolatore: dobbiamo prendere atto del sostanziale fallimento delle centralità.
Il caso di Romanina è quello più evidente. Si parte con un milioni di metri cubi, progetto dell’archistar di turno. Bello, come tutti i progetti. Ma cosa ci viene dentro? Mistero, quasi si trattasse di un fatto di secondo piano. Si scatena la fantasia di Medici che propone la città dell’altra economia, il tribunale civile. Ci manca che proponga la città delle bambole e le abbiamo sentite tutte. Morale della favola, l’illuminato costruttore fa la sua controproposta, su cui la giunta Veltroni apre un confronto, ma poi le cose cambiano e la proposta viene prontamente peggiorata e accolta da Alemanno: si azzerano i servizi, si trasforma sostanzialmente tutto in case, si raddoppia la cubatura. Per di più niente prolungamento della linea A, ma una “metro leggera” che taglia in due la Tuscolana e si interra, guarda caso, prima di arrivare alla centralità.
Insomma, altro che strumento per dare servizi ai cittadini, siamo alla solita speculazione compiuta con l’assenso di un parte del centro sinistra che continua a occhieggiare a questi costruttori illuminati.
Che poi lo stesso Scarpellini, il costruttore di cui trattasi, in altre sedi si lamenta che non riesce a vendere gli appartamenti. Misteri del mattone. A meno che, l’illuminato, non voglia incassare il raddoppio della cubatura e vendere tutta la baracca a qualche altro illuminato cementificatore.
Insomma, cosa anche bisogna dire per dimostrare che tutto il ragionamento messo in piedi dal Prg non funziona?
E cosa bisogna fare per il futuro?
Io sono convinto che servano due cose: la prima è un taglio deciso di tutte le cubature previste, almeno del 20, 30 per cento. Perché a questa città non servono. E’ un dato di fatto, l’interesse generale deve tornare a prevalere sugli interessi speculativi. Al tempo stesso va indirizzata l’edilizia al recupero e alla riqualificazione. Il piano casa, strumento orribile per definizione, contiene però interessanti accorgimenti per incentivare questo aspetto. Premiando con troppa cubatura in più, ma creando i presupposti per demolizioni e ricostruzioni di palazzi – in particolare quelli costruiti negli anni ’50 e ’60 – che spesso stanno in piedi per forza di volontà, sono dispendiosi dal punto di vista energetico e non garantiscono quella “qualità dell’abitare” che dovrebbe essere scritta nella costituzione insieme ai diritti civili.
Il secondo tema è: pensare prima alle funzioni, alle vocazioni che dobbiamo sviluppare nei territori e poi progettare la città. Roma è l’unica metropoli al mondo dove puoi trovare una fabbrichetta costruita nel centro di un quartiere. Dove le are commerciali si sovrappongono alle villette a schiera. Dove, tanto per restare nel territorio del X Municipio, università, centri commerciali e insediamenti artigianali si susseguono senza soluzione di continuità. Una roba che sembra di essere a Calcutta.
Io resto convinto che le vocazioni del nostro territorio siano essenzialmente tre: Cinema, Università e Turismo. Le scrivo maiuscole non a caso. E dobbiamo progettare la città in maniera da assecondarle, non da ucciderle. E quindi, vado per sintesi, per non allungare troppo il brodo: ampliare Cinecittà come ho già proposto in altra sede, sviluppare un’area della cultura e della ricerca intorno a Tor Vergata, sviluppare il turismo proteggendo le ricchezze che abbiamo e valorizzando siti archeologici che non hanno eguali al mondo. Date queste tre coordinate, progettare una città diversa, forse, sarebbe anche più semplice e la chiarezza aiuterebbe anche ad attrarre quegli investimenti di qualità di cui abbiamo bisogno per uscire dalla logica dei palazzinari romani.
Al tempo stesso serve un grande piano di recupero urbano. Intanto incentivare la manutenzione degli immobili. Come si fece per il Giubileo. Non bastano gli incentivi fiscali in tempi di crisi, serve qualcosa di più: ad esempio un contributo a fondo perduto per quei condomini che realizzano interventi tesi alla riqualificazione energetica e antisismica degli edifici. Io sono convinto che si debbano anche progettare interventi radicali di demolizione e ricostruzione che liberino spazi nelle parti più soffocanti della città. So che in Italia è quasi un tabù, ma si fa in tutto il mondo e serve a riqualificare profondamente un pezzo di Roma cresciuto in maniera sregolata con il trucco del marchese Gerini: rileggere “I suoli di Roma”, di Insolera aiuta molto a capire le logiche speculative degli anni ’60. Un piano di riqualificazione che guardi anche alle periferie extra Gra in maniera oggettiva e non, come nel caso del Print di Morena, con un occhio troppo attento ai proprietari dei terreni. I Print possono essere strumenti validi, ma a due condizioni: la prima è di dotare i Municipi delle compenze necessarie a realizzare i progetti “in house”, senza affidarsi a studi di architetti esterni all’amministrazione, che non lavorano gratis, e se si fanno partire dai cittadini, dalle loro esigenze, da un vero processo di partecipazione. Partecipazione, di questo parleremo presto.
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Un magnifico concentrato di notizie e riassunto di una storia di un territorio martoriato, cittadini defraudati e denaro buttato per consulenze esterne. Quanto c'è da fare! Solo chi conosce davvero il territorio potrà risolvere i suoi problemi, se davvero lo fa con coscienza disinteressata.