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Rossi: “Articolo Uno rompa con il governo Gentiloni”

Lug 6, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

Un centinaio di persone che discutono fino a notte. Succede nella campagna romana ma, come dice Enrico Rossi, presidente della Toscana e oratore principale della serata, sta succedendo in tutta Italia. Il tema è “La lezione inglese”, ma da Corbyn, su cui fa un ampio quadro Pietro Folena, recuperato all’impegno politico, dopo anni di “studio”, si arriva ben presto all’Italia. E Rossi, con il suo modo pacato, mette in fila in rapida sequenza tutti i temi in campo. Si spazia dall’appoggio al governo Gentiloni, alla ricostruzione della sinistra, alle scadenze elettorali. Su Gentiloni, in particolare, usa parole molto ferme. Lo definisce “fotocopia sbiadita del governo Renzi, da cui dobbiamo prendere rapidamente le distanze”. E il presidente della Toscana indica anche i provvedimenti su i gruppi parlamentari di Articolo Uno devono prendere una posizione netta, nelle prossime settimane: “Il Ceta, l’accordo fra Europa e Canada, che rischia di mettere in crisi la nostra agricoltura, e il decreto sulle banche: non è possibile che i debiti siano pubblici e i profitti privati. Ecco su questi due provvedimenti, secondo me, serve un voto contrario. Una posizione che forse avremmo dovuto prendere anche sui voucher. Ma ora non si possono più rinviare le scelte, non possiamo aspettare la manovra di stabilità. E sono sicuro che anche al Senato il governo troverà comunque i voti per andare avanti, arriveranno da Forza Italia, chiarendo così, di fronte al Paese, qual è il progetto di Renzi e del Pd”.

Quando Rossi dice queste parole, ormai è buio. L’incontro è iniziato in ritardo, complice un traffico reso ancora più infernale del solito dalla chiusura della Colombo all’Eur. Ma il grande gazebo della Cooperativa Agricoltura Nuova, in via di Castel di Leva si riempie rapidamente. E non si svuota fino alla fine, quando si passa alla cena di sottoscrizione. E dopo un primo giro di Folena e Rossi, a sottolineare il bisogno di politica e la voglia di partecipazione, c’è anche lo spazio per una decina di interventi: 5 luglio, ore 21, cento persone arrivate da tutta Roma, ascoltano, si appassionano. Forse, invece, di tante parole a spiegare la parola sinistra basta questa immagine.

Tornando a Rossi. Il fondatore di Articolo Uno delinea un percorso preciso: “Noi non ci sciogliamo. Vogliamo essere non solo l’infrastruttura, ma anche l’anima, il pensiero di un nuovo soggetto politico federato, insieme a tanti a altri. Io credo che questa sia la condizione: se uniamo la sinistra, il nostro popolo è disposto darci ancora fiducia. Non sarà facile riportarlo alle urne, ma, lo ripeto: l’unità è la condizione. Altrimenti ci direbbero che vogliamo solo arrivare in Parlamento. Dobbiamo intensificare il dialogo. Con Sinistra Italiana, con Montanari, con tutti i soggetti, anche più moderati che si riconoscono in un programma chiaro e netto. Avviamo un percorso, in cui Articolo Uno si deve rafforzare e organizzare, per arrivare, dopo le elezioni a un congresso che dia vita a un nuovo partito della sinistra”.

E in questo percorso, lo dicono un po’ tutti, la “lezione inglese” deve essere tenuta ben presente: c’è bisogno di ricostruire una precisa identità, Rossi usa spesso anche le parole “ideologia” e “socialismo”.  E c’è bisogno di rompere nettamente con la stagione del liberismo, dalla quale “anche noi troppo spesso ci siamo lasciati ingannare. Il mercato senza regole, senza intervento dello Stato, portano sempre più squilibri. “Sanders negli Stati Uniti, Corbyn in Inghilterra – spiega il dirigente di Articolo Uno – fanno un’analisi di classe della società: all’interno della crisi individuano i gruppi sociali che vogliono rappresentare. E si prefiggono di dare voce a quella larga maggioranza della società, quei ceti popolari che in questa crisi soffrono, vengono messi ai margini. Pensano a un ruolo forte dello Stato che redistribuisce la ricchezza che in questi anni si è concentrata sempre più nelle mai di pochi. Renzi ha programma neoreganiano, noi abbiamo idee radicalmente differenti”.

Investimenti, uguaglianza, sanità pubblica su cui tornare a investire, la scuola, le case popolari, i trasporti, reintrodurre l’articolo 18. Queste le priorità su cui puntare. Tassare i patrimoni e i redditi più alti per trovare le risorse. “C’è ricchezza in questo Paese – conclude Rossi – va redistribuita per produrre quella svolta che serve all’Italia”.

Feste de L’Unità? Cancellate quel nome, non lo meritate

Lug 4, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

La vicenda de L’Unità ha dei contorni scandalosi. Andiamo con ordine per capire cosa è successo negli ultimi anni. Il Pd lo appalta a un gruppo imprenditoriale, mantenendo una quota del 20 per cento e il diritto di indicare il direttore. Il risultato è un giornale quasi illeggibile. Un bollettino renziano, con punte di assurdità mai raggiunte prima: la rubrica quotidiana per descrivere le presunte malefatte di un altro quotidiano è una vera e propria bestialità non solo per quello che l’autore ogni giorno ci propina, ma per la natura stessa dell’operazione. Che senso ha un quotidiano che invece di raccontare la realtà spiega cosa scrive la concorrenza? La faccio breve: morale della favola, un giornale così scritto non vende una copia, entra a malapena nelle rassegne stampa. I redattori chiedono più volte un progetto editoriale serio, con gli investimenti  necessari a far tornare una testata gloriosa ad essere un giornale vero.

Nulla di tutto ciò. L’editore, nel silenzio del Pd, non paga lo stampatore, non paga gli stipendi ai giornalisti. Il giornale sospende le pubblicazioni e i redattori restano in un limbo assurdo, nel silenzio quasi totale: senza stipendio, ma anche senza cassa integrazione o indennità di disoccupazione.

Fine dei danni? Neanche un po’. Perché nel frattempo, annunciato come il nuovo giornale del Pd, arriva “Democratica” un foglio digitale di pessima fattura, diretto dall’ex condirettore de L’Unità, un oscuro parlamentare ex montiano. E viene pubblicato, se non fosse abbastanza, sul sito de L’Unità stessa, che era rimasto, per un gioco schifoso di proprietà del Pd e aveva una redazione autonoma.

Insomma, si chiude un giornale glorioso, si lasciano i giornalisti a bagno. E si utilizza il sito per lanciare un nuovo giornale. In altri tempi la Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti) avrebbe preteso (non chiesto), quanto meno, che nel nuovo quotidiano fossero assorbiti, almeno in parte, i giornalisti ex Unità. In altri tempi i colleghi di Democratica si sarebbero rifiutati di dar vita a un’operazione così squallida. Tant’è, ognuno fa i conti con la proprio coscienza. Io da ragazzo quelli così li chiamavo crumiri e mi facevano anche un po’ schifo.

Una cosa però è davvero insopportabile: il Pd, come niente fosse continua a organizzare in tutta Italia feste de L’Unità. Cioè feste intitolate allo stesso giornale che hanno violentato e ucciso. E questo lo trovo davvero incredibile. La decenza è stata superata da tempo, ormai siamo oltre. Di tanto.

Piazza Santi Apostoli, primo luglio: le mie pagelle

Lug 3, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

Intanto diciamolo: una piazza molto inclusiva che ha saputo accogliere i tanti compagni (e non solo) arrivati da esperienze diverse senza neanche una smorfia. Nessun fischio, solo tanti abbracci per amici ritrovati e con cui speriamo di percorrere una nuova strada insieme. Qualcuno deve ancora scegliere, ma noi siamo gente che aspetta. Detto questo vediamo i voti, come sempre siamo severi

Cosa mi è piaciuto.

La piazza. Come detto, molto allegra, colorata (molto rosso che ci sta bene). Eravamo quasi sorpresi di ritrovarsi tutti lì, senza troppe nostalgie per il passato, ma consapevoli che le radici comuni sono importanti per andare avanti. Voto: 9.

Pierluigi Bersani. Da settimane ogni volto che lo ascolto mi convince di più. Sembra liberato dai pesi che lo hanno frenato in passato  ai tempi del governo Monti e della campagna campagna elettorale. Giustamente invoca discontinuità non solo con il passato recente, ma anche con le politiche del centrosinistra negli anni ’90 (di cui però non vogliamo buttare tutto, anzi). Ci mette i contenuti giusti. Unica notazione: l’incoronamento di Pisapia come leader potevamo anche lasciarlo perdere. La legge non prevede l’indicazione di un candidato premier, la sinistra ha bisogno di un gruppo dirigente plurale e giovane. Non di capi. Voto: 8.

Gli interventi dal palco. Tanti, brevi, alcuni anche molto interessanti. Tutti pieni di contenuti, rappresentano una sorta di “mappa della sinistra diffusa”, dalla quale attingere energie e intelligenze. Voto: 8.

Massimo D’Alema. Per la seconda volta assiste senza intervenire, la prima era stata al Brancaccio.  Il fatto che un leader sappia anche ascoltare e non solo parlare, a me piace molto. E poi quando parla si capisce che ha ascoltato. Però alla prossima un suo intervento lo vogliamo. Voto: 8.

I leader in mezzo alla gente. Da Stefano Fassina a Pippo Civati, ma anche parlamentari come Marco Miccoli, personalità come Livia Turco, Angelo Bonelli, consiglieri regionali come Riccardo Agostini. (Sono quelli che ho visto, mi scuso per le sicure omissioni). In tanti hanno preferito non stare nel retropalco riservato ai vip, ma in piazza, da comuni cittadini. E anche questo fa bene alla sinistra. Voto: 9.

Le cose che non mi hanno convinto.

Il palco. La scritta con i palloncini, che andava di moda ai compleanni vip negli anni ’80, non la usano più neanche alle sagre di paese. Da rivedere la grafica, senza mordente. Troppo poco da piazza, infine, la conduzione di Gad Lerner. Voto: 6-.

Giuliano Pisapia.  Il ragazzo si impegna, si vede che studia signora mia. Ma per raggiungere la sufficienza piena dovrà ancora lavorare. Ora. Aapprezziamo il fatto che abbia abbandonato la follia delle primarie di coalizione con il Pd, una sorta di suicidio preventivo. Apprezziamo il fatto che abbia sottolineato il fatto che stiamo dando vita a una nuova casa del centrosinistra, un soggetto politico alternativo al Pd. Però ragazzo mio, non basta mettere insieme il ricordo dell’amministrazione milanese con un po’ di buon senso alla Prodi (troppo citato, lasciamolo nella sua tenda). Qua dobbiamo ridefinire la nostra identità. Serve uno sforzo, collettivo, molto maggiore. Voto: 6 – – (di incoraggiamento).

Cosa non mi è piaciuto.

Chi non c’era. A partire dai promotori dell’assemblea del Brancaccio. E la sparata del giorno prima da primedonne offese peggiora il giudizio. Il 18 giugno siamo venuti ad ascoltarvi, i nostri leader si sono seduti e hanno ascoltato per ore, seduti e silenti. Ora siccome siete anche bravi, ma non siete il Papa, potevate fare lo stesso. Vale quanto detto per D’Alema. Serve anche ascoltare, serve anche guardare le facce della gente per capire quanta voglia di ripartire (insieme) ha il nostro (anche vostro) popolo. Voto: 4.

La ragazza contro le bandiere. Benedetta aspirante suicida, ma che ti metti a polemizzare con una piazza intera che aveva voglia di far vedere la propria presenza? Inutile e (per i maligni) anche tesa a minimizzare il rosso prevalente, l’appello a non sventolare alcun vessillo per non disturbare le immagini televisive. Lo sventolio ha un suo corso, parte intenso, poi ci si stanca e si ripongono le bandiere. Voto: 3 (sulla fiducia).

La foto di gruppo. Ragazzi l’ho già scritto, qua bisogna che la generazione dei Bersani, D’Alema, Pisapia, Tabacci, Prodi, Lerner e via dicendo faccia spazio ai giovani dirigenti che abbiamo. Che non sono pochi e sono anche bravi e coraggiosi. Qualcuno l’ha capito e prova a svolgere il ruolo, essenziale, di “padre nobile”. Altri per me tendono a occupare ancora troppo la scena. E la foto di gruppo che ne esce fuori appartiene al secolo scorso. Voto: 4 (con affetto).

Brancaccio, 18 giugno: le mie pagelle

Giu 19, 2017 by     1 Comment     Posted under: dituttounpo'

La dico subito, senza perifrasi: non mi sono sentito a casa. Ora, per essere sinceri, fra i presenti al Brancaccio ieri ci si conosce un po’ tutti. Non prendiamoci in giro. Per trovare energie nuove bisogna lavorare quartiere per quartiere, non fare assemblee nazionali. E questo è proprio quello che propongono Falcone e Montanari. Quindi non è un problema di presenti. E’ un problema di clima, della prospettiva politica che si dà a un’assemblea. Ho avuto la sensazione che l’assemblea di ieri avesse come scopo quello di certificare le divisioni a sinistra più che trovare le ragioni (e sono tante) dello stare insieme. E comunque sia, invece del Pippone, questa volta voglio essere sintetico. Le pagelle faranno tanto quotidiano sportivo, ma del resto… oggi è lunedì…

QUELLO CHE MI E’ PIACIUTO. Comunque, proviamo a vederla in positivo.
Mi sono piaciuti gli interventi di Civati (voto 8.5) e Fratoianni (voto 7.5). Il primo perché, secondo me, è quello che in questa fare spinge di più per stare tutti insieme. Il secondo perché, magari a sua insaputa, è la prova sul campo della follia delle attuali divisioni a sinistra. Perché le cose che dice dal punto di vista programmatico sono sovrapponibili, al di là delle sue metafore che possono non piacere, a quello che dice Bersani: equità fiscale, investimenti, welfare universale, lavoro.

Mi sono piaciuti gli interventi di Andrea Costa (voto 9) e Francesca Redavid (voto 9-), perché magari saranno anche società civile e politica insieme, ma si capisce che è gente che con i problemi si confronta ogni giorno. Che la spesa al mercato la fa in prima persona e non ci manda la colf.

Mi sono piaciute le contestazioni a Miguel Gotor, al di là della strumentalità delle stesse. Perché vivaddio in un’assemblea ci si confronta e se non sono d’accordo te lo dico chiaramente. Basta con il servilismo delle filiere.  Voto 7,5.

Mi sono piaciute, le conclusioni di Anna Falcone, (le ho viste in streaming perché all’una e mezzo mi sono arreso e sono uscito) perché è stata capace di riannodare i fili di una discussione complessa e appena agli inizi. E perché ha una immagine che fa trasparire una certa distanza dalla politica politicante. E allora si emoziona, si arrabbia, si sente passione, al di là delle ingenuità. Ora deve dare corso a quanto annunciato: ricostruire una comunità dal basso. Al lavoro. Voto 7.

Massimo D’Alema. Arriva prima degli altri, si mette a sedere e ascolta. Magari avrà anche sbuffato alla critiche (insistite e irritanti) di Montanari. Avrà anche avuto la tentazione di intervenire e di dirgli: “Sì, avremo anche sbagliato, ma è facile salire in cattedra dopo”. Però ha resistito alla tentazione. Bene, bravo. Uno che all’unità della sinistra ci tiene davvero e quindi capisce quando bisogna ascoltare.  Voto 8.

COSA NON MI E’ PIACIUTO.
Intanto l’introduzione di Tomaso Montanari.
Deludente, troppo rivolta al passato remoto. Con giudizi sommari sulle esperienza di governo dell’Ulivo. Il centrosinistra non è morto perché Prodi ha sbagliato. E’ morto perché la sconfitta del 2013 rappresenta uno spartiacque definitivo. E anche questo giudizio sul Pd “ormai di destra”: si cerca l’applauso facile, da uno studioso ci si sarebbe aspettata un’analisi meno da bar sport. E poi, professo’: e mica va bene dire, voi avete sempre sbagliato tutto, ma premetto che io non mi candido. Eh no, caro Montanari non si fa così. Ci si candida e si capisce quanto consenso si riesce a raccogliere. Girotondino in ritardo. Rimandato a settembre: voto 5.

L’assenza di Giuliano Pisapia. Ora, dire “non ci sono le condizioni per la mia presenza” è una cazzata epocale. Che hai paura dei fischi? E saresti un leader? Ora, caro Pisapia: da mesi si parla di te come di possibile federatore del centrosinistra. Hai lavorato per Sala a Milano, hai votato Sì al referendum. Me lo ricordo bene, ma ci passo anche sopra. Il problema è che ancora non ho capito come la pensi sui temi sollevati da Bersani, Fratoianni, Civati e tanti altri. Non ho sentito un tuo giudizio su questi anni di governo Renzi. Ci mandi a dire che dobbiamo scioglierci al tuo cospetto. E se ci piaceva il vate incontestabile restavamo nel Pd. No, compagno Pisapia: vieni, ti becchi i fischi, ma ci spieghi, una volta per tutte cosa vuoi fare da grande. Voto 4.

L’intervento di Miguel Gotor. C’è chi i fischi li evita e chi li cerca. Tutto bene il suo ragionamento, tutto bene il suo appello all’unità,bene i temi di discussione indicati. Ma se inviti quelli che sono stati appena sfanculati da Pisapia a partecipare alla sua iniziativa il minimo è che ti fischiano. Il sospetto è che, essendo un ragazzetto sveglio, quelle contestazioni tu le abbia proprio cercate, anche attraverso il ripetere più volte “Insieme”, ovvero il presunto nome della formazione politica dell’avvocato milanese. Voto 5.

L’organizzazione. Ora, non era tanto difficile capire che il Brancaccio si sarebbe riempito. E poi che palle i teatri, con la direzione che teme multe anche per un peto di troppo. Ricominciamo a riunirci in spazi diversi: chiediamo all’università, altrimenti affittiamo il palazzetto dello sport, vediamoci in un parco, magari all’ombra. E poi non puoi dire: chi esce non può rientrare: io sono arrivato alle nove meno dieci. E all’una e mezzo un’insalata e un caffè li devo assumere. Altrimenti gli elettori non si attraggono, si eliminano. Si vede che non ci sono più i partiti, anche da queste ingenuità. Voto 4.

I giornalisti. Ora, non so quanti sono stati gli accrediti, a occhio, c’erano decine di fotografi, cineoperatori e giornalisti. Risultato: zero servizi sui tg nazionali, poche righe sui siti principali di informazione e sui quotidiani. Tanto spazi alle contestazioni a Gotor, poco al senso politico dell’iniziativa. E allora, cari colleghi, non ve ne potevate stare a casa? Magari così qualche altra decina di posti la rimediavamo. Voto 3.

Emergenza rifiuti a Roma
Facciamo chiarezza

Mag 10, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

Sono giorni che assistiamo a un rimpallo di responsabilità fra Regione e Comune sull’emergenza rifiuti a Roma. Permettetemi una battuta: è colpa di Renzi. Il caso, infatti, scoppia quando il neo segretario del Pd annuncia che pulirà lui la città da cima a fondo. Fino ad allora avevamo convissuto tranquillamente con l’immondizia che sta per strada fin da quando c’era Alemanno sindaco. Con periodiche crisi dovute alla rottura degli impianti e ai ponti da festività. I sindaci che si sono succeduti al massimo hanno avanzato proposte su come risolvere la situazione. Marino ha aumentato i cassonetti in strada invece di puntare all’estensione del porta a porta, peggiorando la situazione. Per il resto è tutto uguale a prima. La città fa schifo e i topi, è proprio il caso di dirlo, ballano. Ma come se ne esce? E di chi sono le responsabilità, scherzi a parte?
Di seguito pubblico la lettera dell’associazione “Zero Waste Lazio” rivolta al sindaco Raggi. Mi occupo di queste materia da alcuni anni per lavoro e credo di poter dire che fanno un quadro molto puntuale e onesto. E’ un po’ lunga, ma secondo me molto chiara. Diffondetela, se volete. Credo sia utile

LETTERA APERTA AL SINDACO VIRGINIA RAGGI :
ALCUNE VERITA’ SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI A ROMA

La situazione di emergenza in atto a Roma non è una opinione ma un fatto, basato di certo su un sistema impiantistico di AMA inadeguato, obsoleto o del tutto assente e che è un fatto noto a tutti da tempo, per cui servivano già da un anno azioni concrete aldilà della ostinata negazione del disastro oggi in atto da parte del suo assessore all’ambiente, che continua purtroppo a non produrre fatti ma solo altra “documentazione” cartacea.

Le ricordiamo che è passato quasi un anno dall’insediamento della sua giunta e che, nonostante il cambio di due assessori all’ambiente, la sua maggioranza ha di fatto ignorato per motivi diversi sino a febbraio 2017 i continui solleciti al confronto per l’attuazione della delibera capitolina già approvata n. 129/2014 “Roma verso rifiuti zero”, data da cui aspettiamo un atto di giunta annunciato dal suo assessore all’ambiente tre mesi fa!! La citata delibera capitolina “quadro” tuttora vigente, in quanto delibera di iniziativa popolare ha visto il riconoscimento del suo indiscusso valore sia dalla giunta precedente che recentemente dalla sua giunta, in termini di criteri per la pianificazione di – azioni – programmi ed obiettivi al 2020. Ma oltre la condivisione teorica del percorso “verso rifiuti zero” serve ora che lei metta a disposizione di AMA le risorse economiche e di personale per attuare i citati programmi descritti in modo puntuale, in primis per un “programma straordinario” mirato alla riconversione generale dai cassonetti alla raccolta generalizzata “porta a porta” e la costruzione degli impianti di compostaggio e di riciclo necessari.

Le ricordiamo che su questo aspetto il rimpallo di responsabilità tra lei e Zingaretti non produrrà alcun effetto, dato che la progettazione e realizzazione degli impianti per i rifiuti urbani è in capo ad AMA, mentre la loro autorizzazione resta in capo alla Regione Lazio per gli impianti di TMB e per la eventuale discarica di servizio per i rifiuti indifferenziati salvo la competenza di ubicazione del sito da parte di Roma Capitale. Ma lei forse dimentica che ciò che manca del tutto a Roma sono gli impianti per le frazioni differenziate, in particolare quelli di compostaggio per la frazione organica (che continuiamo ad inviare a costi pesantissimi a Pordenone !!) e gli impianti di riciclo per la frazione secca (la cui selezione è da anni data in subappalto oneroso a piattaforme private a Pomezia ed altrove). A differenza della disinformazione presente sui social la informiamo che questi strategici impianti di “recupero”, per il compostaggio ed il riciclo di rifiuti differenziati, sulla base di una sub-delega della Regione Lazio, sono da anni autorizzati per competenza direttamente dal Dipartimento Tutela Ambiente della ex Provincia di Roma oggi Città Metropolitana di Roma Capitale, cioè l’istituzione che lei stessa presiede!!!

Per cui non le sarà difficile capire che IL NODO PRINCIPALE DA SCIOGLIERE PER RISOLVERE DAVVERO LA “RICORRENTE EMERGENZA” RIFIUTI ROMANA E’ TUTTO NELLE SUE MANI, e consiste nell’abbattere la produzione di “rifiuti indifferenziati” raccolti con i cassonetti stradali e puntare tutte le risorse finanziarie ed umane sulla “filiera differenziata” che va dalla estensione generale della raccolta “porta a porta” sino alla realizzazione ed autorizzazione degli impianti di compostaggio e di riciclo. Le specifichiamo che la gestione dei rifiuti sarà “sostenibile” a patto che la sua giunta sarà in grado di attuare il principio vigente di “autosufficienza territoriale”, contenuto anche nella delibera capitolina n. 129/2014, facendo realizzare gli impianti citati di riciclo e compostaggio all’interno del territorio di Roma Capitale.

Le sottolineiamo inoltre che l’aspetto più innovativo e di certo necessario alla riuscita del percorso “verso rifiuti zero” è costituito dalla istituzione di una vera e strutturata “partecipazione popolare” su base paritaria e con i poteri propositivi previsti dalla delibera n. 129/2014, attraverso il sistema degli Osservatori municipali e comunale, ora in fase di prima sperimentazione in due Municipi, in cui serve che lei dia un fortissimo impulso alla stesura del necessario “Regolamento comunale”, visto che la commissione capitolina ambiente solo dopo nove mesi ci ha convocati in prima audizione ma senza assumere alcun impegno concreto calendarizzato. Roma Capitale può essere l’apripista di un nuovo metodo di condivisione delle criticità e delle soluzioni tra gli amministratori ed i cittadini attivi, oggi rappresentati da centinaia di associazioni di volontariato e da comitati di quartiere eletti regolarmente dal territorio, e di un primo vero passo verso la costituzione dei Municipi in Comuni Metropolitani sulla base della capacità di gestire un processo democratico “dal basso”. Dato che lei ha lanciato ultimamente il concetto di “democrazia diretta” crediamo che sia suo preciso interesse favorire forme avanzate di condivisione per una concreta “partecipazione popolare” che possano essere preliminari al concetto da voi stessi proclamato.

Roma 9 maggio 2017 Associazione Zero Waste Lazio

Articolo Uno mette radici a Corviale

Apr 29, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

Una preghiera: non chiamiamoli circoli, un partito ha le sue sezioni. Dà il senso di un percorso che dal basso si unisce e arriva ai livelli nazionali. Circoli suona vecchio, una conventicola chiusa.

Per il resto, che fosse sabato pomeriggio all’inizio del ponte del primo maggio non ce siamo accorti oggi pomeriggio a Corviale.

Abbiamo inaugurato la prima sezione di Articolo Uno a Roma. L’abbiamo fatto a Corviale perché noi in queste zone non siamo turisti. Ci entriamo e ci vogliamo restare. E anche questa volta più persone che sedie, come dice sempre Bersani.

Dietro al tavolo Roberto Capriotti, ex segretario del circolo Pd, il consigliere regionale Riccardo Agostini, i parlamentari Alfredo D’Attorre e Roberta Agostini.

Dall’altra parte sala piena, le foto rendono male. Gente di Corviale, dei quartieri limitrofi, un nutrito gruppo di giovani, a cui subito si rivolge Roberto Speranza, coordinatore nazionale di Articolo Uno: “Sono loro ‘la classe generale’ di oggi – spiega citando un concetto caro a Gramsci – se diamo una speranza a loro, cambiamo davvero questo paese”. Parla poco, tono pacato e concetti precisi: “La sinistra torni a guardare il mondo con gli occhi dei più deboli. Deve ricominciare da qui, dalle periferie, dove troppo spazio abbiamo lasciato a Salvini e M5s. E Articolo Uno deve essere il seme da cui ripartire per costruire un nuovo centro sinistra. Io penso a tre parole: umiltà, coraggio, verità. Presentiamoci con umiltà perché siamo stufi dell’arroganza. Dobbiamo essere coraggiosi perché dobbiamo portare avanti le nostre idee con convinzione e dobbiamo dire la verità, perché la gente è stufa delle balle”.

Ecco, ripartiamo da qui. Umiltà, coraggio e verità.

E comunque ‘sto Speranza è proprio bravo, ogni volta che lo sento mi sembra cresciuto. Non trascina le folle, è vero. Ma non siamo un po’ stufi di quelli che trascinano le folle e poi alla fine ti accorgi che non ha detto nulla? E però… un appello ai compagni di Ravenna che lo avranno lunedì per la tradizionale braciolata del primo maggio: facciamo mangiare, ‘sto ragazzo me deve prenne un po’ de colore.

#iolavedocosì.
Riprendiamoci il 25 aprile, tutti insieme.

Apr 20, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

A Roma, dal 2014, il 25 aprile è motivo di polemica. Cosa è successo quel 25 aprile? Succede che un gruppo di (poco) simpatici componenti del servizio d’ordine della comunità ebraica di Roma aggredisce alcuni militanti palestinesi rei di voler partecipare al corteo con le loro bandiere.
Qui trovate uno dei video che racconta quanto successe. Poi la Brigata ebraica fu fischiata durante tutto il corteo da molti dei partecipanti e ci furono anche – bisogna dirlo – dei tentativi di esagitati di parte opposta di cacciarli dal corteo stesso. Da allora ogni anno è una polemica continua. Gli ebrei romani contestano il diritto dei palestinesi a partecipare alla manifestazione e da due anni hanno deciso, di fronte al diniego dell’Anpi, di non partecipare alla manifestazione. Anche il sedicente commissario romano del Pd, Matteo Orfini ha deciso di non partecipare (una vera e propria ripicca dopo il referendum, non prendiamoci in giuro) definendo l’Anpi “divisiva”. Una affermazione non commentabile. Credo che sia l’ennesimo errore commesso dal commissario. Provo, brevemente a dirvi come la vedo io.

Il 25 aprile per me è la festa di tutti. Fascisti esclusi. Alcuni anni fa, eravamo a Milano, mi ritrovai addirittura a fare il cordone per proteggere gli esponenti della Lega Nord che volevano manifestare. Non accetto lezioni di piazza da nessuno. Per questo per me, possono – anzi devono – scendere in piazza quelli che hanno lottato e lottano contro il fascismo. Contro tutti i fascismi. Hanno titolo i palestinesi a stare in piazza (perché questo è il tema cero che pone la comunità ebraica)? Per me assolutamente sì. Perché da decenni ormai sono impegnati in una vera e propria lotta di liberazione che tanti punti in comune ha con la nostra resistenza. La brigata ebraica ha titolo a partecipare al 25 aprile? Assolutamente sì. Anche se, a rigor di logica, non fu una formazione partigiana ma un corpo militare dell’esercito inglese, rappresentò un elemento importante, anche in Italia, della lotta di liberazione.

Dico di più. A me piacerebbe che la comunità ebraica romana, così colpita dal fascismo, e la comunità palestinese sfilassero fianco a fianco. Perché la nostra lotta di ieri è la loro lotta di oggi. E aiuterebbe tutti una presa di distanza della comunità romana da quello stato di Israele che spesso si comporta come fecero i fascisti.

Un errore va evitato: lasciare la piazza ai violenti di tutti i colori. Ce ne sono ovunque, vanno resi marginali riempiendo le strade di colori e suoni, come abbiamo sempre fatto. Spero che nel Pd non siano tutti d’accordo con la ripicca del commissario. Anche da qui si ricostruisce una sinistra diversa. Riprendiamoci il 25 aprile, tutti insieme.

#iolavedocosì
La trasmissione non mi piace, che si chiuda

Apr 19, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

In Italia c’è un riflesso automatico di stampo dittatoriale: quando una trasmissione non piace, che si chiuda. Lo fece Berlusconi, con il famoso “editto bulgaro”, lo stesso D’Alema più volte ha evidenziato un certo fastidio verso i giornalisti. E la stessa cosa succede a Report adesso.

Fa qualche servizio che non piace al potente di turno, in questo caso a Renzi, si aspetta una settimana, si prende come spunto un servizio su un vaccino, forse un po’ traballante, ma tutto sommato credibile e si spara a zero sul conduttore. Sui giornali di oggi si parla addirittura dei consiglieri del Cda Rai legati all’ex premieri che chiedono la sospensione immediata della trasmissione.

Ora, a me Report non piace da sempre. Ho sempre sostenuto che il tipo di giornalismo che fanno è squilibrato. Perché spesso, troppo spesso, non cercano la verità, a almeno di avvicinarsi alla verità. No, Report parte da una tesi e costruisce il servizio in maniera da rafforzare quella tesi. Comprese tecniche discutibili, come quella del taglio ad arte delle interviste, della telecamera accesa quando dovrebbe essere spenta. E questo comporta degli abbagli clamorosi. Ricordo anni fa un servizio sul Piano regolatore di Roma che capovolgeva la realtà su una edificazione importante, la “centralità” di Romanina. Avevo seguito la vicenda di persona e il servizio di Report attribuiva intenzioni edificatorie a chi si era opposto e viceversa. Per partito preso, tagliando abilmente le dichiarazioni.

Allo stesso tempo però, Report ci ha regalato negli anni inchieste importanti e coraggiose. E, cosa da rilevare, malgrado le tante denunce non ha mai avuto una condanna per diffamazione. Certo, è una trasmissione di parte. Secondo me dichiaratamente e smaccatamente e questo non mi piace. Ma non può essere il piacere al leader politico di turno il criterio per cui si va in onda. Funziona così in Turchia nelle dittature. Nei paesi liberi invece si accettano le trasmissioni che non piacciono e al massimo di chiede di replicare. Non si fanno editti, né si lanciano avanti gli sgherri per azzannare le caviglie dei giornalisti.

#Iolavedocosì.
Votare Orlando il 30 aprile?
Un errore politico e una scorrettezza

Apr 4, 2017 by     No Comments    Posted under: dituttounpo'

downloadHa cominciato Gianni Cuperlo, con un esplicito invito a Bersani e ad Articolo Uno, in sostanza: il 30 aprile venite votare alle primarie del Pd per dare una mano a Orlando. Poi ha continuato Goffredo Bettini (che io tra l’altro ricordavo strenuo sostenitore di Renzi e Orfini, mi devo essere perso qualche passaggio), più mellifluo il suo appello: “Confido che il messaggio di Orlando arrivi all’insieme del centrosinistra, che aspetta il momento della riscossa e dell’unità; superando quelle divisioni volute più dai gruppi dirigenti per coltivare orticelli, che dai cittadini e i militanti che da tempo hanno dimostrato, soprattutto nelle città, di avere un sentire comune e la voglia di stare insieme contro la destra e la demagogia”.

E poi da li a ruota molti orlandiani si sono scatenati sui social, arrampicandosi su sentieri scoscesi e ricchi di olio, pur di dimostrare che il regolamento delle primarie del Pd permetterebbe un voto da parte di chi del Pd non è elettore. Manca solo Orlando, ma allora sarebbe disperazione pura.

Intanto non è vero che alle primarie del Pd possa votare chiunque. L’articolo 10 è molto chiaro: devi sottoscrivere un documento dove dichiari di sostenere il partito e condividere la sua linea politica. Poi non ti fanno l’analisi del Dna, diranno che in passato hanno votato folle prezzolate e truppe aviotrasportate, le regole sono chiare, però.

Ma il punto politico è un altro. Non la faccio lunghissima e procedo schematicamente.

1) Sono uscito dal Pd nel luglio del 2015, nel frattempo ho votato alle amministrative e a due referendum, sempre in contrasto con la linea decisa da Renzi, ho lavorato – e continuo a farlo – alla costruzione di una forza di sinistra, alternativa al Pd, che marchi una netta discontinuità con le politiche neoliberiste che hanno affascinato negli ultimi anni le forze che fanno riferimento al Pse. Come potrei mai firmare un documento in cui dico di condividere il progetto e la linea politica di un partito che ha proposto e approvato: introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione, fiscal compact, abolizione dell’articolo 18, legge ammazza scuola, legge elettorale truffa, riforma costituzionale in senso autoritario? E mi fermo qui, ma potrei continuare.
Non sarebbe né serio, né rispettoso, né corretto, insomma, andare a scegliere il segretario di un partito di cui, ormai, non sono non condivido la linea politica, ma neanche il progetto di fondo. Sarà anche vero che la destra nel 2013 scese in campo a favore di Renzi, non so. Ma noi siamo diversi, anche su queste cose.

2) Anche volendo passare sopra alle considerazioni regolamentari ed etiche di cui sopra, qualcuno mi spiega perché dovrei votare per uno che fino all’altro ieri ha fatto il ministro di Renzi senza mai non dico sbattere il pugno, ma neanche provare a instillare qualche dubbio, qualche idea di sinistra, nel programma della compagine governativa? La cosa più di sinistra che ha fatto Orlando in questi anni è stata chiedere la conferenza programmatica all’assemblea nazionale convocata per avviare l’iter congressuale. Insomma, anche a voler essere spregiudicati, la candidatura di Orlando sembra più decisa a tavolino per arginare la crepa che si è aperta, piuttosto che rispondere a una qualche vera esigenza politica.

3) Non capisco per quale motivo Articolo Uno dovrebbe sprecare tempo energie in questa impresa. Io non ho alcuna intenzione di tornare in un partito, lo ribadisco, è alternativo al campo che vorrei costruire. Il che non vuol dire che non ci possano essere rapporti con il Pd, alleanze locali, convergenze programmatiche a livello nazionale. Tutt’altro, sarebbe miope e minoritario non porsi il tema. Al momento opportuno. Ma, vivaddio, che il Pd faccia il Pd e la sinistra faccia la sinistra! Abbiamo da fare abbastanza, sinceramente, dobbiamo ricostruire dal nulla, anzi dalle macerie lasciate in questi anni, un campo di forze che torni a essere percepito come una speranza per il nostro paese. Le elezioni dei segretari altrui, non ci devono e non ci possono riguardare.

4) Infine un rispettoso “rimbrotto” a Cuperlo: io credo che il suo appello sia stato scorretto (per le ragioni che ho scritto all’inizio). E non riconosco in quelle parole il politico rispetto e di rigidità quasi “monastica” che ho apprezzato in tanti anni di comuni frequentazioni. E, la finisco davvero, lo ritengo anche sbagliato tatticamente, un segno di evidente confusione e debolezza. Capisco che le compagnie che frequenta non sono esaltanti, ma se le è scelte. E noi, comunque, lo aspettiamo sempre. A braccia aperte.

Maresciallo Rondolino, rispondi!

Apr 4, 2017 by     1 Comment     Posted under: dituttounpo'

Fabrizio-RondolinoSpettabile gestore del gruppo “Sono stato iscritto al Pci”, volevo fermamente protestare per l’esclusione dal gruppo, avvenuta ieri senza spiegazione alcuna da parte dei moderatori. Mi sono limitato a postare un articolo pubblicato sul mio blog, in cui si analizzava la differenza fra congressi del Pci e convenzioni del Pd, ho ricevuto consensi e insulti da alcuni frequentatori del gruppo, ai quali ho risposto con garbo estremo. Loro sono ancora nel gruppo, a quanto mi dicono altri iscritti, io sono stato escluso senza neanche ricevere un avvertimento.

A meno che le ragioni non siano diverse, ovvero non si consenta in quel gruppo l’espressione di idee differenti dall’ortodossia renziana. Cosa che, come appare evidente, sarebbe un vero e proprio ossimoro. Il nome del gruppo non sarebbe altro che uno specchietto per le allodole per attirare inconsapevoli utenti di face book e indottrinarli al nuovo verbo?

Non voglio crederci e per questo la invito a cancellare quanto prima il provvedimento di blocco nei confronti del mio account Facebook. Credo fermamente, infatti, che quello possa essere uno spazio dove confrontare voci diverse e prospettive politiche alternative, che provengono dalla stessa matrice comunista. Unica condizione di iscrizione dovrebbe essere quella, come dice il nome del gruppo, di essere stati iscritti al Pci.

Cordiali saluti

Michele Cardulli

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