Sulla politica della casa. Qualche idea alternativa

Feb 19, 2012 by     No Comments    Posted under: appunti per il futuro, il pd






L’annuncio è di quelli che suonano roboanti: 9 milioni di euro “sbloccati” dalla Regione per acqusiire alloggi da destinare a case popolari. E’ destinato ai Comuni di Guidonia, Anzio, Monte San Giovanni Campano e Rieti. Poi si scopre che il finanziamento risale al 2005 e che, ad esempio, il Comune di Guidonia (4 milioni di euro) non può ancora usufruirne per problemi burocratici. E comunque si tratta, per quello che riguarda Guidonia, di appena 21 appartamenti. Neanche una goccia nel mare dell’emergenza. Solo a Roma si parla di decine di migliaia di famiglie con problemi vari, dallo sfratto, alla casa in vendita, agli affitti delle case degli enti per i quali termina adesso il periodo post vendita con le stesse condizioni economiche di prima.E la Regione i fondi li avrebbe. Con il piano casa della giunta Marrazzo, infatti, veniva introdotta una regola certa: cento milioni l’anno per dieci anni per l’edilizia residenziale pubblica (erp), le case popolari. La giunta Polverini ha prima tolto questo finanziamento, poi, almeno così giura l’assessore al Bilancio, l’ha reintrodotto. E siccome sono passati tre anni, i milioni sono diventati 300.Di questi soldi non è stato speso neanche un euro. Perché, sostiene Buontempo, i Comuni non mettono a disposizione le aree. Il Comune di Roma, in particolare, sostiene che nel Prg approvato dalla giunta Veltroni di aree pubbliche per realizzare case non ce ne sono proprio. Eppure, poi, andando a leggere gli articoli sul project financing per il prolungamento della Metro C, si scopre che il Campidoglio, in cambio, cede ai privati che dovranno realizzare l’opera, aree pubbliche su cui realizzare un milione di metri cubi di nuove abitazioni. Case. Stessa idea per le altre linee, “valorizzando” (leggi cementificando) altre aree pubbliche, a partire dalle ex rimesse dell’Atac. Insomma, le case le possono costruire i privati, l’Ater (l’azienda che gestisce le case popolari) no. Insomma, una bugia grossa quanto… una casa.Non è che, invece, l’assessore regionale vuole utilizzare quei fondi in altro modo? Non è che, per esempio, vuoloe destinarli al famoso “mutuo sociale”, ovvero un muto agevolato destinato ancora una volta all’acquisto di abitazioni?

Si sa, gli italiani sono particolarmente affezionati al mattone. L’acquisto della casa è da sempre una priorità di tutti noi, quasi culturale direi. Anche perché, se magari ne compri due e una la metti in affitto, con i prezzi che girano ti fai uno stipendio senza fare nulla. In altri tempi si sarebbe detto “la rendita viene privilegiata rispetto al lavoro”, ma se lo dici oggi ti dicono che sei un vecchio arnese. Fatto sta che in questo Paese il lavoro viene sempre più mortificato e le rendite sempre più valorizzate. Ma comunque questo è un altro discorso.Cosa c’è che non funziona in tutto questo? Il tema è di natura sociologico-urbanistica, provo a sintetizzarlo in maniera forse banale ma chiara: una società dove tutti sono proprietari della casa dove abitano è, per definizione, una società statica, dove non ti sposti se cambi lavoro, ma preferisci spostarti tutti i giorni. Insomma, siamo condannati all’ingorgo quotidiano.Ma perché in altri paese europei non funziona così? Perché negli altri paesi europei la percentuale di case di proprietà dello Stato immesse sul mercato dell’affitto è molto più grande. Il caso francese è emblematico. Perché non solo c’è una gran quantità di case di proprietà pubblica, ma soprattutto perché le affittano a tutti, non solo alle categorie più disagiate. L’affitto si paga in base al reddito. Cosa provoca tutto ciò? Non serve essere economisti per capire che  se ci sono tante case in affitto a prezzi accessibili, anche i privati si devono per forza adeguare. Insomma, il mercato si equilibra e la casa non è più un miraggio. L’altra conseguenza è che se cambi lavoro e lo trovi a cinquanta chilometri da casa, tendenzialmente sarai portato a cercare un nuovo appartamento vicino al posto di lavoro e non a spostarti ogni giorno.Sembra semplice, insomma.

Da noi sembra al contrario impossibile. L’idea l’aveva avuta Mario Di Carlo da assessore alla casa. Di Carlo sosteneva la necessità di trasformare l’Ater in una vera e propria agenzia pubblica per gli affitti, dove accanto alla funzione sociale si aggiungesse una funzione alla francese, tanto per capirci.L’idea si basava su una considerazione pratica, Di Carlo era una persona pratica, uno che analizzava e risolveva i problemi. Il dato da cui partire: l’emergenza casa non è più una questione che riguarda le fasce più deboli, ma che colpisce in pieno il cosidetto ceto medio. Perché con la nefasta vendita delle case degli enti viene colpito in pieno. A Roma il fenomeno tenderà ad aggravarsi ancora con la vendita delle Case Enasarco. Il piano è partito da gennaio e riguarda 14mila appartamenti. Mica cazzi. E anche qui: chi non compra, perché non ha i soldi, perché non vuole una casa di proprietà, rischia di trovarsi, magari non subito, in mezzo a una strada. Perché nessuno più ti affita una casa alle condizioni che prima facevano gli enti previdenziali. L’idea era semplice: e se la Regione comprasse, almeno in parte, gli appartamenti rimasti invenduti? Di Carlo da assessore aveva anche cominciato a realizzare questo progetto, con l’acquisizione delle case di via Pincherle. Polemiche a non finire perché, secondo alcuni, il prezzo contrattato con la proprità era troppo alto, ma non è questo il tema. La Regione, in particolare l’Ater, in questa maniera avrebbe anche entrate, non solo spese. Perché il canone di affitto non è quello delle case popolari, ma quello che avevano in precedenza gli inquilini. Sempre un prezzo accessibile, ma comunque molto più alto.

Altro provvedimento che si potrebbe prendere è l’acquisto forzoso degli alloggi sfitti. Sarò anche comunista. Ma l’idea che in questa città ci siano oltre 40mila alloggi sfitti e migliaia di persone che hanno il massimo punteggio nelle graduatorie dell’Ater mi fa incazzare non poco. Ovviamente non si parla di comprare l’appartamento del piccolo proprietario che ha due o tre appartamenti, ma si tratta di aprire una trattativa con le grandi proprietà immobiliari, quelle che hanno centinaia di appartamenti e che magari li tengono vuoti aspettando condizioni di mercato migliori per vendere. Ma il mercato, in questa maniera, è veramente libero o viene drogato artificialmente?Altra provocazione, ma in una società dove, ormai, il 40 per cento delle famiglie è composto da single, non sarà forse il caso di adeguare la superficie minima prevista per le case popolari? Stessa cubatura, insomma, più appartamenti. Sembra stupido, ma consumando meno territorio si potrebbero fare centinaia di abitazioni in più.

 

Io credo che questo sia uno dei temi che il Pd del Lazio deve affrontare con maggior urgenza, senza aspettare che cresca la tensione sociale. Le colpe ce le abbiamo anche noi, bisogna essere chiari. Dal ’95 abbiamo governato Roma fino al 2008 e, nello stesso periodo, abbiamo governato la regione per 8 anni. Abbiamo pensato solo agli interventi della cosiddetta emergenza alloggiativa, tamponando, talvolta in maniera clientelare, senza mai cercare di affrontare la questione di petto. Abbiamo dato troppo spazio a chi, come Action, speculava su questa emergenza, organizzando occupazioni telecomandate per ottenere cambi di destinazione d’uso di immobili ad uso ufficio, che valgono molto meno degli appartamenti. Siamo stati deboli, non abbiamo avuto una visione progettuale. E anche quando questa c’era non l’abbiamo messa in atto a pieno.

Eppure, ne sono convinto, il diritto all’abitare è uno dei temi centrali, a Roma e nel Lazio. Ed è centrale per non avere centri storici dove abitano solo i ricchi, per avere città vive e non sterminati quartieri dormitorio. Per questo, insieme al lavoro, alla sanità e alla mobilità, questo è uno dei cardini su cui costruire un programma per Roma e per il Lazio. Per questo è ora di finirla con le polemiche sulle primarie, eleggere la direzione regionale, affiancare a Gasbarra una segreteria politica, senza caminetti e stufette. E’ ora di mettersi a lavorare.








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