Caro Nicola, non mi hai convinto un granché.
Il pippone del venerdì/101

Mag 17, 2019 by     1 Comment     Posted under: Il pippone del venerdì

Come molti di voi, ne sono certo, sono alla ricerca di una ragione per andare a votare alle Europee. Alla fine lo farò come sempre, perché mi hanno abituato da piccolo a dare il massimo valore al diritto di voto. Non per essere retorico, ma per la nostra libertà sono morte troppe persone per sprecarla con l’astensione alle elezioni. Questa volta però è davvero difficile. Non perché manchino le liste, ma perché manca l’entusiasmo, la convinzione. Non sono abituato a turarmi il naso, a scegliere il meno peggio.

Andiamo con ordine. La scelta più logica sarebbe la lista della sinistra. Perché almeno uno si riconosce nelle parole d’ordine. Si sente profumo di casa. Ma poi ti accorgi che quella non è casa tua, è solo l’ennesimo accordicchio elettorale fra gruppi presunti dirigenti decotti, il cui unico scopo è provare ad eleggere qualche europarlamentare in maniera da giustificare la propria esistenza in vita. L’hanno fatto troppe volte ormai: il giorno dopo saranno esattamente divisi come prima, non ci vuole un veggente per capirlo. Per di più il 26 maggio non raggiungeranno il quorum del 4 per cento, ormai non ci casca più nessuno. E di buttare un voto, in una situazione difficile come quella italiana proprio non mi va.

Scarterei per questo motivo anche i Verdi (che poi sta alleanza con gli ambientalisti di estrema destra la dice lunga sulla loro serietà) e il Partito comunista di Rizzo, mai avuto grande simpatia per lui fra l’altro. Tutte esperienze residuali che oramai non fanno neanche più testimonianza.

Ho a lungo pensato anche a un voto di protesta estrema, tipo Salvini e 5 Stelle. Protesta contro i dirigenti della sinistra che continuano a prendere schiaffoni ma che si chiudono sempre più in se stessi. A parole sono tutte liste aperte, poi se vai a vedere sono sempre la stessa minestra riscaldata e anche insipida. Si meritano di scomparire. Quale miglior modo per accelerare la dipartita che premiare gli avversari? Anche questa ipotesi sarei per scartarla, troppo macchinosa. E mettere una croce sopra il simbolo della Lega o su quello dei suoi alleati è davvero faticoso.

Resta il Pd, la lista aperta a lungo evocata da Zingaretti. Devo dire che la tentazione c’è. Del resto da lì vengo, non sarebbe scandaloso. Certo che fra i propositi iniziali e la realizzazione concreta, come dire, la distanza non è poca. Resto dubbioso, perché il nuovo segretario democratico davvero non mi ha convinto. Avrebbe dovuto dare una sterzata a sinistra al suo partito. E del resto dopo Renzi non sarebbe stato neanche troppo difficile. La strada ce l’aveva: fare una lista unitarie delle forze che si richiamano al socialismo europeo, prendere a esempio la ricetta di Costa, di Corbyn, di Sanchez. Tornare a fare il proprio mestiere, insomma. Non serviva neanche troppa fantasia. Si è preferito tentare la somma aritmetica di tutto quello che sono riusciti a mettere insieme. L’altra sera da Floris la fotografia del segretario con i candidati di punta per le europee era devastante. Dai renziani a Calenda al sempre più bollito Pisapia. E per non farsi mancare nulla è arrivato anche l’appoggio, di certo non proprio disinteressato, di un vecchio arnese democristiano come Paolo Cirino Pomicino. Posto che anche queste figure di rincalzo della prima repubblica in confronto ai dirigenti attuali sembrano giganti, un personaggio di questo tipo non fa per me.

Anche in televisione il prode Damilano ha provato a fargli uno spiegone dei suoi: la sinistra torna a essere competitiva spostandosi a sinistra – gli ha detto – non rincorrendo un centro sempre più labile e sempre più affollato allo stesso tempo. E del resto anche l’altra giornalista in sala, la De Gregorio, ha provato a capire: ma alle politiche con chi pensate di allearvi per vincere visto che comunque sia al massimo arrivate al 22, 24 per cento? Nessuna riposta da Zingaretti. Chissà che il gioco non sia davvero quello che si legge con sempre maggior frequenza: andare alle elezioni, provare a prendere un voto in più dei 5 stelle e poi farci un’alleanza. Dopo le urne, in maniera da sostituire i parlamentari pd, adesso in maggioranza ostili a una operazione del genere e da poter rivendicare qualche decimale in più di Di Maio e soci così da chiedere Palazzo Chigi per un democratico. Mi pare che facciano i conti senza l’oste Salvini. E’ un po’ lo specchio di una politica tutta tatticismo che gli elettori non capiscono.

Caro Nicola, quindi, te lo ripeto con grande sincerità: non mi hai convinto. Serviva una grande forza di sinistra per ripartire davvero. Bisognava ridare entusiasmo a un elettorato stanco di essere preso a bastonate anche alle elezioni del condominio. Avevi due strade, secondo me, per riaprire la partita: rivoltare il Pd e spostarlo decisamente a sinistra con un programma alla Corbyn, oppure lasciar perdere la vocazione maggioritaria e favorire la nascita di una seconda gamba di una ipotetica coalizione. Da soli i democratici non vanno da nessuna parte e la somma aritmetica di tanti cespugli non farà mai un bosco come risultato. Servono alleanze vere, non cespuglietti insignificanti.

La scelta di Zingaretti, al contrario, sembra perfettamente in continuità con il veltronismo che ci ha portato a questo punto. E invocare contributi civici assomiglia tanto a una foglia di fico consunta dall’uso smodato. Quella lista da Tsipras a Macron, come l’ha definita più volte il segretario del Pd,  non dà emozioni, non attrae. In tanti la voteranno ma soltanto per disperazione. Anche perché a occhio sembra molto più spostata verso Macron che verso Tsipras. Ogni volta che li vedo insieme ho la sensazione che il padrone di casa sia Calenda e non Zingaretti. E francamente non capisco come un uomo di Confindustria possa essere in “front man” di una formazione di sinistra.

Insomma, cari ragazzi, siamo messi male. L’unica consolazione è che dopo il 26 maggio dovrà per forza venire anche il 27. Il mio augurio sarebbe che ognuno facesse la sua campagna elettorale, a sostegno della formazione che ha scelto, senza insultare i vicini di casa. Comunque vada, prepariamoci e torniamo a provarci fin dal giorno successivo al voto: serve un partito di sinistra, autonomo, radicale, popolare. Che si fa ci arrendiamo?

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